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Renato Pareti

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Alpicella

VICOSOPRANO > VAL D'AVETO > VAL D'AVETO 1
Ma la differenza principale sta negli abitanti: quelli di Alpicella hanno un carattere mite, tranquillo, ordinato, che si riflette nella pulizia, nella precisione, nella quiete. Sono talmente calmi e rilassati, che la sera, prima di coricarsi, si bevono in santa pace alcune tazze di caffè. Quelli d'Amborzasco sono tutto l'opposto: vivaci, contestatori, casinisti, polemici. Alla sera, sicuramente, per calmarsi avranno bisogno di una buona camomilla. Per distinguerli basta sentirli parlare: non è solo un fatto di accento, ma soprattutto una questione di "decibel". Quando incontri Dario di Alpicella, solo dal movimento delle labbra riesci ad indovinare che vuole offrirti un caffè, poiché dalla bocca esce un suono impercettibile che ti fa sospettare di essere diventato sordo. Allora pensi sia giunto il momento di recarti dal dottor Pozzuolo per una controllatina alle orecchie; e proprio mentre ti avvicini allo studio del medico, senti provenire dalla Macelleria Monteverde un baccano da grande assembramento. Ti avvicini, entri, e trovi soltanto Roberto di Amborzasco che sta rivolgendo ad Italo le sue esternazioni politiche: le percepisci così chiare, aperte e roboanti che ti rendi conto di non aver alcun problema di udito. Anche i soprannomi, in un certo modo, esprimono una differenza di carattere: al Alpicella sono (o meglio, erano,
perché molti sono ormai defunti) per lo più dei diminutivi tipo "u Batin, u Broscin...", o nomi di animali selvaggi come "u Lù, u Cuccù...", mentre ad Amborzasco la maggior parte finiscono in -a e ti colpiscono come una sberla: "u Micca, u Tina, u Zena, u Basciacca...". Entrambi i paesi hanno una storia e una cultura molto antica, ma abbastanza diversa. In linea di massima si avverte che ad Alpicella prevale la dimensione agreste, pastorale, bucolica, mentre ad Amborzasco si percepisce una civiltà più silvestre, legata al bosco, alle foreste e alla montagna.
Pare che la resistenza degli ultimi Liguri alla conquista romana sia avvenuta in Val Gramizza alle pendici del Monte Penna. Cerchiamo d'immaginare la scena di una giornata di primavera nel secondo secolo avanti Cristo. In alto, sullo spartiacque appenninico tra il Monte Nero e l'Aiona appaiono minacciose le sagome dei cimieri dell'esercito romano ormai prossimo a superare il crinale. Più in basso, verso il Re di Coppe, nascosti tra i faggi, con i capelli irsuti e la barba incolta, si intravvedono i "barbari" di Amborzasco che stanno tendendo un'imboscata all'esercito invasore. Nel paese le donne approntano bastoni, roncole, forconi e viveri per i loro combattenti, i bambini preparano sassi e fionde, mentre i vecchi, indomiti e fieri, incitano tutti alla resistenza..
segue: AMBORZASCO
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